domenica 30 giugno 2013

Il berlusconismo come pornografia





Borges, lo scrittore argentino, argomentava una sua idea sull’infinito e lo zero che si annullano a vicenda, esemplificando il concetto con una simpatica metafora. Un tale si reca a Buenos Aires dove cerca di rintracciare un vecchio amico che non vede da parecchi anni, il cui nome è Jorge Luis Borges. Che accadrà se aprendo la guida telefonica troverà una città fantasmagorica e surreale dove tutti, milioni di cittadini, portano lo stesso nome di Jorge Luis Borges? Il nostro protagonista si affannerà inutilmente nella sua ricerca, concludendo che l’incontro gli è precluso. Infinito uguale zero. 

E’ davvero una situazione irreale quella prospettata da Borges? 

Non penso si tratti di un’ipotesi del tutto azzardata e lontana dai nostri tempi. Se consideriamo il berlusconismo come un sistema di potere fondato sull’immagine e sul sesso che ha finito nella sua ultima evoluzione con il produrre un continuum pornografico dentro il quale ci moviamo, la metafora non sembrerà così assurda. 

L’estrema degenerazione del berlusconismo era possibile da prevedere, poiché se la televisione è all’origine di questo sistema, la parola televisiva ne è la sua immediata derivazione. Parola intrinsecamente pornografica, cioè atto linguistico il cui scopo è creare eccitazione, stimolo e piacere con allusioni più o meno esplicite alla sfera sessuale, la quale ha finito con l’invadere ogni campo. 

Se nella prima fase il berlusconismo faceva riferimento al mondo calcistico, alla simbologia sacra e religiosa, all’alterazione della storia attraverso la banalizzazione della biografia familiare e personale, ora attinge a piene mani da una pornografia maschile ed eterosessuale, in cui il punto di vista femminile non esiste, dove predomina un immaginario fondato sulla coppia dominato e dominante ripetitivo come ogni scena pornografica. Che si parli di immigrazione, di magistratura, di economia, di affari esteri non cambia. 

Lo possiamo definire un sistema nazionale e pop porno, dove il politico pornografo esercita una pratica culturale tesa a ridisegnare il potere e a modellare le identità, utilizzando una lingua costruita su figure retoriche ben precise. L’enumerazione (gli infiniti processi di Berlusconi/il numero infinito di olgettine e deputate). La sua parente più stretta, l’accumulazione, che è la figura retorica di ogni orgia che si rispetti. La catalogazione degli spazi e dei corpi che esistono solo per essere riempiti e gestiti dagli uomini.

I nemici risultano osceni in questo tipo di immaginario nel senso più etimologico del termine, perché osano rappresentare in scena ciò che non è ammesso. Un Berlusconi condannato da tre donne giudici a sette anni di carcere e relativa interdizione dai pubblici uffici ribalta il ruolo delle donne, sempre subordinate, stupide e felici nel contesto porno maschilista, oggetti linguistici prima che figure gregarie da buttare, dare, avere, far vedere, utilizzare e girare. 

Se lo scopo del primo berlusconismo era infantilizzare il pubblico degli elettori, con frasi semplici, non problematiche, contro cui risultava inutile l’argomentare degli avversari politici, negli ultimi avamposti di questo linguaggio l’iperbole (il grande amatore delle donne che ha finito con l’occultare parzialmente il più grande statista di tutti i tempi) tende ad abbrutirlo al livello delle pulsioni sessuali. 

In questo stato pornografico difficile non è argomentare, ma distinguere, se persino i più accorti tra i giornalisti sostengono che in questione non è la vita personale di Berlusconi, ma l’avere superato un limite posto dalla legge tra la sua età e quella di una minorenne. 

Nell’illusione che pubblico e privato abbiano ancora un senso in questo ininterrotto spettacolo di prostituzione. Dove il nulla e l’infinito coincidono, il corrotto non si distingue più dal corruttore, la violenza istituzionalizzata contro le donne si colloca in un sistema continuo con la violenza privata del singolo cittadino. 

Il cui scopo può avere cambiato forme, ma rimanendo sempre quello: niente è modificabile se tutto è uguale.


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