domenica 23 giugno 2013

La televisione come auto da fé




Dice Roland Barthes: il fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire, per questo ci sono poche cose in Italia che io trovo violente come la televisione o certi giornali.

In Italia il termine “ televisione” viene usato spesso come sinonimo di democrazia e informazione. Chi rifiuta, dunque, di andare in televisione rifiuta il confronto plurale e democratico, chi al contrario accetta si sottopone al fuoco purificatore del libero giornalismo. Qui si condanna e qui si assolve. 

Si dice anche che Berlusconi abbia una parte preponderante in questa teologia televisiva dove piccoli scenari sacerdotali celebrano la ricerca del vero, investendo di sacralità certe figure e distruggendone altre. In qualche modo la tecnologia sostituisce prassi già esistenti in altre epoche, chiamate auto da fé, il cui scopo era ed è ribadire il potere della mistica, la contemplazione del sacro. Da una parte i giudici, dall’altra i condannati con il capo rasato, vestiti con i sacchi e trascinati al rogo. 

La base di questa costruzione teologica sta nell’idea che il pubblico ha diritto all’immagine, un diritto che si è lentamente trasformato, con l’arroganza propria di ogni linguaggio autoritario, nel dovere dell’immagine e nel suo assoluto monopolio. Come se non esistessero altre forme di conoscenza. E’ interesse di ogni teologia affermare infatti l’idea di essere l’unica in grado di gestire l’ignoto, nel senso di ignorare una vita comunicata attraverso altri canali: osservazione diretta della realtà, esperienza personale, lettere, archivi, libri, indagini, atti giudiziari, fatti processuali, viaggi, rete, biblioteche. 

I telespettatori, come tutti i fedeli, vengono definiti dalle domande e dagli argomenti imposti. E coloro che credono di essere informati, perché guardano la televisione e leggono i giornali, in realtà sono solo collocati all’interno di una banda di silenzio. Non si discute di ciò che non viene visto.

Per anni abbiamo assistito ad un Berlusconi, corpo sacrificabile e sacrificato, offerto religiosamente al pubblico da televisione e giornali per auto assolversi in scene rituali dove le domande erano non domande. Da questa stessa informazione ora pretenderemmo altre verità rivelate. 

Quanto è stato necessario il corpo mistico di Berlusconi ad una sinistra per la quale c’è del marcio, ma lontano sempre, in Danimarca. Quanto comoda l’immagine capestro che ha trasformato in grulli, stupidi, imbranati e succubi tutti i grillini ad una destra e sinistra senza ormai differenza, ridotte a due fenomeni psicologici traumatici nella coscienza degli italiani. 

All’altrove televisivo, ai non luoghi mediatici dove vivono giudici eretici, giornalisti sotto scorta, politici ragazzini quasi mai vengono rivolte domande ma interrogatori, non critiche ma schedature, più che indagini richieste di identificazione e capi d’imputazione. 

In uno stato di polizia chiamato libera informazione, che tanto presta il telespettatore di regime al ruolo di manganellatore pubblico e solidale.

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