venerdì 14 giugno 2013

Solo alcune coltellate



Il campo semantico di una parola, nelle sue lunghezze e derivazioni, rivela cose molte interessanti sui popoli. L’italiano ha una sola parola per indicare la neve, l’eschimese siberiano ne ha circa trecento, distinguendo tra la neve appoggiata sul terreno, la neve che cade, la neve soffiata dal vento, la neve portata dalla valanga e così via. Ulteriore riprova di quanto l’elemento sia importante nella loro vita. 

L’italiano sembra avere particolari propensioni, invece, per una parola che possiede 744 termini complessivi per la versione maschile e 595 per quella femminile. 

Si tratta dei termini che si riferiscono agli organi sessuali. Tra i nomi che indicano l’organo maschile prevalgono le metafore tratte dalla guerra, le immagini che ne sottolineano l’aggressività o che ne esaltano la potenza e la dimensione. I nomi riferiti alla vagina invece mettono in rilievo la recettività e passività dell’organo femminile, lo qualificano come un elemento fisso, un luogo soprattutto, per arrivare agli appellativi che manifestano il timore di malattie o di restare intrappolati in un rapporto. 

Pochissimi sono invece i termini per “ stupro”, che ultimamente si è arricchito del ritornello “ bunga bunga”, il quale altro non vuol dire che stupro anale e punitivo di gruppo. Anzi, a volte, ciò che è stupro non viene chiamato neppure tale come capita per esempio nel mondo sublime dell’arte. E in questo non ci sono solo gli italiani. In pittura, lo stupro è stato celebrato spesso nelle infinite variazioni del Ratto delle Sabine di liviana memoria, passando da Giambologna a Rubens, da David a Poussin. 

Pochi sanno che Martoglio e Pirandello realizzarono in siciliano un’opera, di cui la letteratura non ama ricordarsi perché porrebbe domande inquietanti. Il testo “ ‘A vilanza”, La bilancia, narra di Orazio che, al sapersi tradito dalla moglie con il compare Saro, si reca nella casa di lui e costringe la moglie del compare ad un rapporto sessuale, cosa che dal suo punto di vista ristabilisce la giustizia in un’ottica dell’occhio per occhio dente per dente. 

Pirandello e Martoglio sono qui impegnati a dimostrarci come la relazione con una donna dai facili costumi non possa paragonarsi al rapporto con la timorata moglie di casa. In questa tirata morale, tra i due autori non si sa chi faccia la figura più barbina. Orazio finirà ammazzato, non perché abbia violentato una donna, ma per ristabilire il senso più tradizionale dell’onore siciliano. 

Uno degli alibi più frequentemente utilizzati da stupratori e violenti corrisponde al meccanismo della negazione, di cui ha parlato il sociologo Stanley Cohen nel suo testo “Stati di negazione” (2002). Si tratta di un processo che spinge gli individui, o le comunità, a non vedere o a non voler vedere, le violenze, le sofferenze e le atrocità che altri si trovano a vivere. Il meccanismo viene spiegato in un testo che viaggia gratis in internet, uno di quei piccoli doni dell’oceano internautico, La negazione della violenza nella costruzione della mascolinità, della Beltramini. 

La studiosa analizza i comportamenti violenti degli uomini in istituzioni di genere come le caserme o il mondo sportivo, dimostrando quante volte atti di stupri, mobbing e persecuzione nei confronti di compagni e commilitoni vengano semplicemente classificati come “ scherzi”, magari un po’ pesanti, ma sempre scherzi. 

Se prendiamo per vero che la costruzione della mascolinità avviene anche al di fuori di questi contesti, in un sistema sociale fortemente normato che ci costringe a dimostrare all’infinito i segni identificativi del nostro genere, nulla di strano che la violenza contro le donne venga banalizzata, occultata e minimizzata continuamente. 

Proprio come accade in quel quadro di Frida Kahlo, Unos cuantos piquetitos, traducibile con “ Alcuni taglietti”, dipinto nel 1935. La scena si ispira ad un evento di cronaca, in cui un uomo dopo avere ucciso con trenta coltellate la propria compagna, si giustificò durante il processo sostenendo di averle inflitto solo qualche taglietto. 

E fu una delle prime volte che nel mondo delle arti la violenza contro una donna apparve per quello che era: prevaricazione, omicidio, crudeltà. Al punto tale che l’artista sentì il dovere di dipingere persino nella cornice alcuni schizzi in rosso del sangue che si versava.

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