sabato 29 giugno 2013

La bramosia delle arance




Le parole nella nostra lingua sono divise in genere maschile e femminile, ma la divisione non è patrimonio dell’intera umanità. Le lingue possiedono classi grammaticali di grande varietà per illustrare il mondo. La lingua dyirbal degli aborigeni australiani possiede quattro classi nominali: a. oggetti animati e uomini b. donne, acqua, fuoco e violenza ( cosa non penseranno delle donne…) c. frutta e verdura d. tutto il resto. 

La nostra cultura cambierebbe prospettiva se come la lingua anindilyakwa possedesse una classe nominale per le cose che riflettono la luce? 

Avremmo altri modi di vedere la realtà se nella grammatica italiana esistesse un genere nominale che includa tutte le cose che può cullare il vento? 

Le categorie funzionano come le giare, le ceste, le enciclopedie. Borges ne era una grande cultore. Scrisse come dal crepuscolo: 

Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche. 

Le ceste, appunto, delimitano un vuoto più che un pieno. Una deficienza, in quanto dormono e vegliano nello stesso istante. In una madia non si sa bene se l’arancia è concava o convessa. O una ridondanza di entrambe le dimensioni. 

Come Borges anche la Alice di Lewis Carroll si appassiona con devozione alle vicissitudini delle categorie. La sua curiosità si risveglia davanti la storia delle tre bambine, narrata dal Ghiro, prigioniere dentro un pozzo di melassa, le quali dipingevano solo cose inizianti con la “m”. Mosche, memoria, malumore. O nella conversazione con Coccobello, quando l’uovo sostiene che il nome “Alice” non ha alcuna forma a differenza del suo (Alice è una bambina che perde e ritrova continuamente il suo nome, cerchio di tutti i cerchi). Impossibilità di ogni categoria a rinchiudere per intero il reale, certamente. 

Tuttavia resta da definire questo trasporto di chi raccoglie forme destinate a raccogliere altre forme che in Foucault divennero ragione filosofica. L’inclinazione che ci appassiona ai forzieri e alle grandi arche. 

Bruce Chatwin, in un libro scritto un anno prima della sua morte, dal titolo Utz, narra della passione per il collezionismo del barone Utz per le statuette di porcellana Meissen, passione che lo salva dagli orrori del regime nazista, prima, e da quello comunista, dopo, in una Praga terra di confine e di barbarie. La collezione diventa la cifra privata e personale del barone di organizzare il mondo tra ordine e caos. 

Gli offre criteri di valutazione per soppesare i fatti e per orientarsi tra gli esseri umani al punto di sacrificarsi per le sue statuette. Chatwin non trova di meglio per definire la passione celeste dei cataloghi con queste parole: 

Utz appoggiò il capo allo schienale e, chiudendo gli occhi, ricordò l’aforisma di Augusto: “ La bramosia per la porcellana è come la bramosia per le arance”.


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