martedì 19 maggio 2015

La Riforma: poche parole





Una disanima attenta del DDL sulla Buona scuola richiederebbe una riflessione che supera lo spazio di poche parole. Vediamo innanzitutto a cosa avrebbe dovuto servire il DDL nell’intenzione del legislatore. A definire ulteriormente poteri e funzioni degli Organi della scuola: il Consiglio di Istituto, il Collegio Docenti, il Dirigente. A definire, insomma, quella parte lasciata incompleta dalle precedente architettura normativa, si ricordi la la Legge sull’Autonomia, il DPR 275/99,  un vulnus che le successive leggi, prima fra tutte la Riforma Brunetta, hanno tentato di ricondurre ad un quadro legislativo più preciso.
 
Attualmente, nel sistema giuridico e normativo della scuola italiana, tali organi hanno pari dignità e possiedono un compito ed una funzione che li caratterizza. Il Consiglio di Istituto è organo di governo e delinea l’indirizzo politico della scuola, il Collegio Docenti è organo competente nell’ambito didattico e pedagogico, il Dirigente è organo competente nell’area gestionale ed organizzativa. Naturalmente esistono zone grigie nella pratica quotidiana di tali competenze che avrebbero dovuto essere approfondite e chiarite. Può accadere così che il Collegio dei Docenti pretenda di disciplinare aspetti che sono di competenza del Consiglio di Istituto o che quest’ultimo rivendichi per sé poteri e funzioni che spettano invece ad un Dirigente. Ma ciò, si potrebbe dire, accade nelle migliori democrazie.
 
Il punto che dobbiamo tenere fermo è proprio questo. La scuola è un luogo da praticare, infatti ogni studente sa che ciò che impara non dipende solo dalle parole che ascolta durante una lezione, ma anche da ciò che vede nell’ambiente in cui cresce e si educa. Pretendere di insegnare i principi democratici e costituzionali in un luogo che frammenta o abolisce il dialogo democratico è una contraddizione in termini.  

Ritornando ai nostri organi scolastici, restava da definire un ultimo potere: la competenza valutativa. Chi giudica chi e che cosa. L’araba fenice della scuola italiana. Questo aspetto merita un’attenta riflessione nell’ottica del “luogo che si pratica”. Pretendere che i propri alunni vengano misurati, valutati, giudicati spesso con un carico di verifiche che li estenua e pretendere a nostra volta di non essere valutati come docenti o dirigenti, adducendo il pretesto che l’insegnamento sfugge ad ogni valutazione oggettiva, non solo è una contraddizione in termini, ma è anche demagogico.
 
Io temo sia stato questo ostinato rifiuto alla valutazione che ci ha portato al mito del “preside padrone”. La regola vuole, infatti, che sia sempre il sonno della ragione a generare mostri. Ora dobbiamo chiederci: è davvero impossibile valutare un’attività squisitamente umana, educativa e intellettuale come l’insegnamento? Su questo punto si sono confrontati per decenni filosofi, pensatori, maestri e politici di tutto il mondo.
 
Ragionevolmente, la risposta che è stata data da questi studiosi è quella della valutazione diversificata e partecipata. In altre parole, quando si giudicano aspetti umani come ad esempio il grado di capacità critica di un alunno, la risposta non è astenersi dal giudizio, ma assicurare la pluralità dei soggetti giudicanti e degli aspetti oggetto di valutazione. Così come accade in un Consiglio di Classe o in una commissione di esame. E’ chiaro che la mia idea di capacità critica sarà diversa da quella che possiede un’altra persona.  Così come la mia idea di collaborazione, maturità o riflessione. Se il giudizio dipendesse da una sola persona, esso sarebbe proprio un giudizio, non più una valutazione. E’ la pluralità  ad assicurare invece l’equilibrio. In altre parole, la risposta che ci è stata data da questi studiosi è che la valutazione non può che essere implicitamente “ democratica”. Pretendere che sia unicamente un dirigente a valutare un buon docente è altrettanto demagogico quanto pretendere di non valutarlo.
 
La pluralità nella valutazione è pratica comune in altri sistemi scolastici europei. In Francia gli ispettori entrano nelle classi dei docenti per lunghi periodi, a volte un anno, osservando come insegna, raccogliendo le valutazioni degli studenti, delle famiglie, dei colleghi, analizzando il suo curriculum e la sua formazione. In alcuni sistemi scolastici, come quello inglese per esempio, si è voluto dare un’ulteriore garanzia al potere valutativo, che va difeso proprio come quello politico, amministrativo e gestionale. Il compito della valutazione è affidato infatti ad agenzie esterne che non dipendono dal Ministero della Pubblica Istruzione, ma riferiscono direttamente in Parlamento. Questo perché pure il Ministro dell’Istruzione, in ultima analisi, deve essere sottoposto a valutazione. E qui c’è poco da discutere: è solo attraverso la valutazione che un sistema si migliora e si corregge.
 
Ritornando al DDL io credo che la situazione sia ancora molto fluida, bisognerà vedere quale sarà il suo aspetto definitivo. Ci sono molte deleghe affidate al Governo che dovranno approfondire numerosi aspetti. Nella sua forma attuale, tuttavia, rischia di rappresentare un passo verso la tautologia più che verso la confusione. Qualcosa di peggio che il conflitto di interessi. Un Collegio di Docenti, composto da insegnanti assunti da un dirigente, che delibera sull’organico, cioè se tagliare il proprio posto di lavoro o no,  che grado di libertà, di serenità e di giudizio potrà avere? Viceversa, in che misura un Dirigente può essere valutato per l’operato di docenti di ruolo che non ha mai assunto?
 
La mia opinione è che la società civile fa bene ad avere protestato contro la filosofia del “ decisionismo” incarnato da un uomo solo o donna sola al potere. Dovremmo prestare attenzione alle sirene di turno, agitate nella tempesta dell’urgenza, della necessità di risolvere il problema del precariato, dei tagli necessari ai diritti sociali e civili. Eppure, bisognerebbe essere anche consapevoli che un sistema democratico ha come sua essenza la possibilità di essere valutato e giudicato, altrimenti è dittatura di casta o dittatura di tagliatori di teste.