martedì 2 luglio 2013

Di autori, chimere e fantastici unicorni



Si potrebbe affermare, sotto certi punti di vista, che l’autore come tale in ambito artistico è un’invenzione come le fantastiche chimere o gli eleganti unicorni.

E’ il 29 maggio del 2013, si celebrano i funerali laici di Franca Rame. Sul palco Dario Fo recita un brano di "Coppia aperta quasi spalancata", una delle pièce teatrali scritte dalla coppia che più ebbe successo, dichiarando: "L'autrice unica è stata Franca, ma l'ho sempre tenuto nascosto per gelosia". 

Dario Fo, in questa occasione, ammette coraggiosamente quello che molti altri artisti mai si sognerebbero di evidenziare, e cioè che il contributo delle loro compagne o dei vari collaboratori di turno va molto spesso ben oltre la marginale correzione di bozze. Vedremo come in tanti casi l'autore ufficiale arrivi letteralmente a copiare, rubare idee, manipolare opere di altri, talvolta amanti, sorelle, figlie, spacciandoli per propri, il tutto più o meno condito dalla retorica dell'amore.

La storia porta molti esempi. Uno dei più tristi è forse quello di Camille Claudel sorella maggiore del poeta e drammaturgo cattolico Paul Claudel e allieva dello scultore Auguste Rodin di cui fu amante, internata in manicomio appena esaurito il suo compito di musa ispiratrice, dove rimase a dispetto del parere dei medici che non ritenevano necessario il suo internamento. Donna geniale, scultrice di rara potenza collaborò in molte opere di Rodin che grazie al suo contributo raggiunse la gloria, lasciando lei nell’ombra e nella miseria. 

La moglie di Scott Fitzgerald scrisse vari racconti che oggi portano la firma del marito, il padre di Antonia Pozzi distrusse e rimaneggiò le poesie della figlia, i testi di Teresa d’Avila caddero nelle mani del teologo censore e ci vollero quasi quattro secoli perché si ripristinassero nella loro forma originale.

Tra gli esempi meno conosciuti c’è anche quello di Bertolt Brecht. Che le opere di Brecht siano da considerarsi frutto del cosiddetto circolo Brecht, e comunque non esclusivo patrimonio del drammaturgo, è un dato storico piuttosto comune nella letteratura di lingua tedesca, ma non da noi, dove i miti maschili letterari, e non solo quelli, stentano a morire. Il collettivo Brecht era frequentato da numerose donne, molte delle quali amanti dell’artista, come la scrittrice Hauptmann, l’attrice Steffin e la giornalista Berlau, le quali condivisero la creazione delle opere più famose come l’Opera da Tre soldi o Il cerchio di gesso del Caucaso. Nessuna di loro è oggi ricordata. 

La pratica di copiare e manipolare sembra però travalicare i confini della questione di genere. Coleridge copiò dai filosofi tedeschi, Keats collaborò con i suoi amici, altri si limitarono a trascrivere quello che avevano sentito dire o pubblicarono testi che altri gli avevano dettato. L’autorialità sembra così allargare i suoi confini, mai definita o definibile, al punto da rendere più legittimo l’uso del termine “coautorialità”, quando non autorizzi in taluni casi a parlare di vero e proprio plagio.

La tesi della critica Monika Krause è che l’autore come tale sia spesso un invenzione degli studi letterari, dell’editoria e negli ultimi anni anche della stampa. Nell’ambito della critica, per esempio, afferma: “Gli studiosi di letteratura costruiscono le loro carriere diventando delle autorità negli studi di autori canonici. Evocare un grande nome conferisce status” . La tesi della studiosa è che dietro il termine “ autore” si nasconde spesso una pratica collettiva che è stata occultata dall’individualismo della cultura occidentale. L’autore, come tanti altri prodotti, ha finito con il diventare un “ marchio” in grado di evocare immediatamente un certo tipo di scrittura, di idee, di storie. 

Monika Krause è l’autrice del breve saggio La pratica dell’attribuzione letteraria: il caso delle opere teatrali di Brecht, che abbiamo deciso di tradurre per colmare un’assenza che nessun mare internauta sembra in grado di soddisfare. Affidiamo a internet, la dimensione che rappresenta la coautorialità per eccellenza, un testo che ci è sembrato degno di tradurre perché altri sapessero, si interrogassero, iniziassero a chiedere notizie di artiste scomparse sotto il nome di Brecht. Non ci è stato dato trovare notizie simili sul tema, almeno in lingua italiana, pur avendo scandagliato i fondali della rete. E in questo sentiamo l’ebbrezza di essere delle pioniere.

Un grazie a Stefanie Golisch e a Gabriella Zanotto.



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