domenica 26 maggio 2013

Piccoli atti di genocidio


Di solito Polifemo, il ciclope, viene considerato come una sorta di villano davanti a cui non può che trionfare un galantuomo di statura come Ulisse. Nella versione di Euripide però è proprio il ciclope che trova la sua spelonca preda del saccheggio, nonché il suo guardiano bastonato da parte dell’eroe e la sua allegra comitiva. L’ospitalità negata dal guardiano, viene imposta a suon di bastonate civili.

Nonostante questa epica e sfortunata circostanza Polifemo, quando arriva, non divora l’incauta comitiva, perché invece desidera conoscere l’identità dei suoi ospiti. E’ a questo punto che Ulisse non può fare a meno di esibirsi peggiorando notevolmente la sua situazione.

La conquista di Troia viene presentata come una “ formidabile impresa’’, ma Polifemo gli ribatte che è stata “ una campagna militare vergognosa ’’. Ulisse parla di carneficina di stato e Polifemo gli risponde: “ Quelli che inventarono le leggi, ingarbugliando la vita degli uomini, vorrei vederli in lacrime ’’, dove per leggi Polifemo sembra proprio intendere tutto ciò che ti impedisce di vivere in pace con il tuo vicino.

Il dramma si snoda: il ciclope è un uomo che possiede un solo occhio e non ha niente della doppia vista, delle menzogne, degli imbrogli di Ulisse, è creatura che non ama bruciare intere città per ordine d’altri, che rifiuta di sgozzare famiglie con l’inganno di un cavallo di legno.

Non ha imparato a mentire, non è capace di nascondere i suoi propositi, a tal punto arriva la sua natura ingenua da comunicare senza indugio ad uno come Ulisse la decisione di mangiarselo a cena. Quello che ne segue è un manuale delle azioni più tipiche messe in atto dalla civiltà europea quando si impegna in qualche conquista. Innanzitutto l’offerta del vino. L’alcol è uno dei più potenti alleati nel processo di dominio d’altre razze, lo dimostra la sua diffusione tra gli indigeni del sud e centro America o tra le popolazioni in Asia ed Africa. Il vino serve per piegare le ginocchia dei popoli, poi, di solito, segue lo sterminio culturale. L’accecamento del ciclope rappresenta infatti metafora non solo dell’astuzia di Ulisse, ma anche del modo con cui si priva una creatura del suo sguardo e quindi della sua principale fonte di conoscenza nei confronti del mondo.

Ulisse teme chiunque osi mettere in ridicolo o dimostri l’infondatezza ultima delle sue azioni, pertanto la cecità di Polifemo nel suo momento più tragico ricorda l’urlo di un mondo, feroce e selvaggio, che scompare per sempre dalla storia. “ Nessuno “ non è più il nome di Ulisse, ma la dimensione tragica in cui entra ogni popolo dopo i nostri piccoli atti di genocidio

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