giovedì 16 maggio 2013

Andamenti carsici linguistici




Mentre sfoglio le pagine della Historia del Mondo Nuovo di Girolamo Benzoni Milanese, che una mia ex alunna mi regalò a completamento della sua tesi, mi pare di poter concludere che la storia delle lingue riflette senza dubbio la storia che abbiamo compiuto. 

Alle porte del Nuovo Mondo, stupiti dalla lussureggiante natura delle nuove terre, conquistatori e scrittori si trovarono davanti l’impresa di descrivere per chi restava in Europa un continente sconosciuto con una lingua che ammetteva poco le contaminazioni. I primi cronisti fecero dunque ricorso a quella particolare tecnica chiamata scivolamento semantico, che consiste nel descrivere una nuova realtà con un termine appartenente alla propria cultura. Da qui il tapiro chiamato “ maiale dal muso lungo”, l’armadillo denominato “ topo”, i giardini di Xochimilco, alle porte di Città del Messico, descritti come Itaca. 

Ce ne volle di tempo prima che lo spagnolo ammettesse termini indigeni, prima che parole come hamaca o huracán trovassero la loro dignità ufficiale nel paradiso delle parole di buona stirpe. Nel frattempo, la chiusura linguistica rifletteva l’eccidio compiuto dai conquistadores nelle nuove terre ai danni degli indigeni. Intere civiltà distrutte da quello che ormai la storia considera come un vero genocidio. 

Di questi andamenti carsici linguistici, quando una civiltà di impone su un’altra con la prevaricazione e l’egoismo, è piena la storia. Le parole sono le prime a sparire e a registrare i cambiamenti d’ogni tipo. Bene lo sapeva Ignazio Buttitta, nella sua bellissima poesia “ Un populu”, quando scriveva che un popolo potete metterlo in catena, spogliarlo, chiudergli la bocca, ma è ancora libero. Potete levargli il lavoro, il passaporto, la tavola dove mangia, il letto dove dorme, è ancora ricco. 

Un populu
diventa poviru e servu 
quannu ci arrubbanu a lingua 
addutata di patri: 
è persu pi sempri. 

Dunque un popolo, una civiltà se volete, è persa per sempre quando gli rubano la lingua, adottata dai propri padri. Quella lingua che emerge di tanto in tanto qua e là tra i giornali e le cronache di questa Italia. Il sogno negativo italiano della Boccassini, l’inchiesta della Guardia di Finanza sull’Ilva di Taranto chiamata Ambiente svenduto, la “manifesta propensione a delinquere” nella sentenza del Tribunale di Milano sulla compravendita dei diritti tv con cui si descrive un noto ex premier. 

Ognuno resiste come può. E ricordare queste parole, tenerle bene in mente, non è l’attività innocua di anime belle. E’ schierarsi da parte di una civiltà che rischia di soccombere, che morirà per sempre se non salviamo la sua lingua coraggiosa dalla pacificazione di chi delinque, ruba e offende.

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