giovedì 30 maggio 2013

Elogio del lottatore non violento



Bisogna avere pazienza. C’è una certa durezza che non viene mica dall’averle prese sempre nel momento sbagliato. Certe lentezze che non son figlie della paura. Crudeltà e pietà si alternano in un vero lottatore. Nel fondo della loro spietatezza c’è un cumulo di dolcezza. 

E’ difficile da dire. Li vedete in piedi per diversi motivi, per fede, diresti, per ostinazione. Spesso hanno matrimoni sbagliati, figli sbagliati, vite sbagliate alle loro spalle. E qualcuno sempre pronto a ricordarglielo. Ma averli come avversari ha un senso preciso. Il senso più definitivo, se posso dire, di rivale. 

E’ una fortuna che qualcuno non vi tolga mai la dignità, che non prolunghi mai le vostre agonie, che non volga verso di voi il lato più debole se mai vi venisse voglia di esercitare la vostra crudeltà. 

E’ un segno di amore per loro stessi e per la vostra anima. 

Il mondo, questo mondo, sarebbe un vero macello senza di loro. Una triste questione di prenderle e ridarle. Solo pecore e lupi. Solo serpi e colombe. Tutti muti, tutti sordi, tutti ciechi. Nessuna grazia e neppure nessun candore. Solo una banale e prolungata volgarità. 

Certo li vedete cadere, non dico questo. Di solito, finiscono in sconfitte memorabili, in sfide banalissime che neppure un bambino o chiunque sia più cauto di loro avrebbe mai perduto. Ma in questo caso chi saprebbe cos’è la sciagura e quanto bisogna essere forti per disprezzarla? 

Stare in piedi, questo lo hanno capito. Dovrete scrutare bene nei loro occhi per capire che non è al lottatore ma alla lotta che si concedono, guardare nel centro della vostra oscurità per capire chi sono.

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