martedì 28 maggio 2013

La letteratura come luogo






La letteratura è un luogo, come tale soggetto ad abusivismo edilizio. Entrate da una porta, uscite da un’altra, non tanto perché gli orizzonti vi hanno cambiato, ma perche voi li avete modificati. Tutti, inevitabilmente, costruiamo paesaggi quando leggiamo. Letterature personali. Gerarchie urbane. 

La personalità dell’abusivo, però, è quella di imporre la sua vista per lo più fatta da periferie senza anima che hanno alterato le linee originali del paesaggio, procedendo sempre nello stesso modo: baracchette, capannoni, sopraelevate, incendi. L’abusivo procede da sé, dal suo centro, lo espande nel dappertutto. 

Catullo è davvero Catullo, se da secoli nessuno ricorda le sue poesie erotiche sugli amanti e sui ragazzi che cantò? Esiste un romanzo più appassionato nella letteratura italiana dell’epistolario privato di Foscolo? Hanno costruito il Pirandello delle maschere, del Pirandello ultimo, innamorato della bellezza, che ne è rimasto? Turismi di massa su luoghi fragili, direbbe l’archeologo Marcello Madau. 

Attraversare questi luoghi, impone di solito il dover fingere di essere qualcosa di diverso da ciò che uno è, non un linguista, non un archeologo, uno studioso o un lettore. Altrimenti ti ritagliano addosso il paesaggio adeguato. Meglio, perché funziona, la clandestinità. Frequentare certi bassifondi letterari, quelli, per intenderci, dove vanno i peggiori. 

Eduardo Galeano, autore di Las Venas abiertas de América Latina, testo proibito e introvabile per molti anni in Sud America, racconta la sua emozione più grande, dopo avere scritto il libro. Accadde un giorno in un autobus scalcagnato, mentre viaggiava in incognito, quando una giovane donna si alzò e cominciò a leggere le pagine del suo saggio ai viaggiatori interdetti tra galline e capre. Il suo libro si impose, lettore e scrittore sfidarono le dittature.

Ecco un paesaggio che si ritaglia, inconsapevole della presenza dell’autore. Una tradizione orale che si tramanda, oltre il demanio pubblico, dove la critica è contaminata, impura, politicamente scorretta. Si fa forza di una lettura che non può prescindere da un paesaggio sociale devastato. Lontana dai giornali e dai gironi commerciali, dove il nostro inconscio è cementificato.

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