mercoledì 23 ottobre 2013

Le troppe porte



Poche cose come il nulla felliniano. Gli abissi di paillettes, lustrini e nastri con cui il regista allestiva la scena della decadenza di un Italia allo sfacelo. Ai suoi margini, il popolo di matti e scemi che con i propri gesti inconsulti, in controcanto, ne segnava l’orrenda vacuità. Lo splendore dietro cui si nascondono gli spazi larghi della nientità (a differenza della nullità, così estremamente contagiosa..) non sempre può assumere le forme di una denunzia. Può divenire culto dell’apparenza, travestitismo puro. 

Dichiarava Holly Woodlawn, una delle girlettes di Andy Warhol, diva del glamour e del gender come opera d’arte, che l’artista americano era un grande quando si trattava di apparenza, impegnato come i tanti trans che popolavano la Factory a nascondere il suo vero “ io” dietro una maschera zuccherosa. Sugli abissi della nullità di un mondo alla deriva, popolato dal culto del successo e della gloria, si può folleggiare come facevano nella vita reale le girlettes Holly, Jackie Curtis o Candy Darling, quest’ultima morta all’età di 29 anni, a causa di una leucemia probabilmente causata dall’abuso di ormoni femminili. 

Non negherò che la forma abbia profondità tali da raggiungere, a volte, il suo contenuto. Tuttavia Holly, Candy e Jackie inseguivano il loro personale mito di femminilità rinchiuse in corpi di uomini. Esisteva una traccia, grazie alla quale leggere la vacuità sottostante. Un nulla capovolto. 

Francesco Grasso, autore del bel libro “ Dietro la porta”, narra un episodio della sua vita di ragazzo di strada nel quartiere San Berillo a Catania davvero illuminante. Nell’episodio, più che narrare, spiega cosa significava per i contrastati come lui vedersi morire un cliente in pieno atto sessuale. Pratiche burocratiche, familiari, soprattutto polizia e tante, tantissime spiegazioni. E’ il lato prosaico della poesia, il racconto oscuro della famosa scena in cui tanti film e libri si sono cimentati osannando la dolce morte, in cui si celebra la fine stremati dal piacere. 

La nientità finisce in generale con l’infondere l’idea che gli artisti siano dei procacciatori di bellezza, in crisi permanente da ispirazione. Il cui unico compito sia quello di stabilire chi possa partecipare ai loro salotti e chi no in base ad una personale discriminante. Cosa il bello, cosa la tristezza, cosa l’estenuante splendore. L’artista come arbitro di eleganza e guastatore di feste. Della stessa razza di quelli che hanno provato una sola emozione nella loro vita e vi hanno scritto un intera biblioteca, oppure hanno rifiutato di continuare a scrivere, salvo procacciarsi la vita scrivendo per i giornali, come accade nel film “ La grande bellezza”. Dico “scrivendo per i giornali”, ma con un certo dubbio, poiché nel film sembra che il protagonista scriva articoli, sì, ma esercitando altre arti, come quella di suonare il flauto, già che sono tutti lì a chiedergli perché ha smesso di scrivere quando era giovane. 

Spiace questa idea farlocca di artista che confonde mondo con mondanità, sebbene, lo si può ammettere, è idea parecchio condivisa. E da molti che immaginano uno scrittore mentre siede e aspetta l’ispirazione o fissa un tetto che si riempie di azzurro. A costoro auguro parole. Come quelle che pronunciò Giò Stajano, colei che ispirò, si dice, la famosa scena di Fellini (e non solo) della Anita Ekberg nella Fontana di Trevi, anticipandola con un bagno alla Barcaccia di Piazza di Spagna. 

Ospitata in un convento a Vische, negli ultimi anni della sua vita, accolta tra le novizie delle suore di Betania le furono rifiutati i voti esclusivamente per motivi di età. Per il resto “ anatomicamente donna” dichiarò di volere vivere in pace gli ultimi anni, sgranando i suoi rosari, dopo avere scandalizzato l’Italia con la sua dichiarata, ostentata, spettacolarizzata transessualità. “ Ho aperto le troppe porte”, ebbe a dichiarare a chi le chiedeva una qualche spiegazione. 

Dichiarazione che somiglia tanto, ma tantissimo a quell’altra di Holly Woodlawn, quando liberata su cauzione grazie all’intervento di Larry Rivers, esclamò a costui che la guardava inorridito per i peli e la barba che in prigione le erano cresciuti: “ Nulla di serio, caro, è solo un po’ di realtà che ha preso il sopravvento”. 

Ecco, un augurio, solo questo: un po’ di sana realtà, in questa Italia, che prenda il sopravvento

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