domenica 8 dicembre 2013

Medicina e chimere





Per quanto mi sforzi non riesco a comprendere per quale ragione William Hogarth, il pittore del celebre ciclo Marriage à-la-mode, esposto alla National Gallery di Londra, venga considerato un autore satirico e non piuttosto tragico. Il ciclo del Marriage racconta la storia di un matrimonio di interesse tra il figlio di un conte in crisi economica e la figlia di un ricco commerciante. Hogarth illustra la depravazione e decadenza di un legame così formato con sei tavole, tra cui la terza: The inspection. Qui si descrive la visita del conte nel gabinetto di un medicastro dopo aver contratto la sifilide. Al suo fianco, la giovane amante bambina, da quel che si può desumere, contagiata anche lei. Il conte appare quasi divertito dalla situazione porgendo la sua scatoletta di pillole al medico, la bambina al contrario sembra spaurita e persino ignara, del tutto in contrasto con l’ambiente di mummie, scheletri, ossa, teste di giganti e corpi imbalsamati che la circonda. C’è un’immensa pietà, una grande indignazione in questo quadro, non so dirlo in altro modo, ma anche una riflessione sarcastica sul rapporto tra scienza, sesso e denaro. 

La letteratura scientifica, letteratura intesa come creatrice di miti e simboli intendo, è davvero un capitolo interessante. In generale il suo linguaggio, quasi sempre di tipo ipotetico, che ragiona sul dubbio, evita la certezza assoluta fino a prova contraria, ha finito con il produrre suo malgrado una periferia di chimere e creature fantastiche, tra cui la cura più femminile al mondo, fonte di progresso ed emancipazione per le donne: la pillola contraccettiva. 

Le tesi che difendono o che invece accusano la pillola di provocare danni collaterali si inseguono e si contraddicono tra di loro. Ragione vuole che si vada direttamente ad una delle sue fonti, i foglietti illustrativi per esempio, quegli utili allegati ai medicinali che descrivono applicazioni e controindicazioni di un farmaco. Chiamati “ bugiardini” in Italia. Non so se sia ironia del caso. Fate voi. 

Le controindicazioni contenute in questi simpatici foglietti, tra le marche più note di contraccettivi orali, vanno dal rischio di sviluppare un coagulo di sangue venoso (trombosi venosa), in alcuni casi mortali, dicono proprio così” mortali”, all’infarto miocardico, l’attacco ischemico transitorio, le embolie polmonari, i disturbi alle ossa e così via allegramente. Abbondano termini come “sembra”, pare, in teoria, non esiste consenso unanime, può causare, in alcuni casi, a volte. Stile possibilista, si diceva. 

Non ci sono comunque dubbi sul fatto che pillola sia un farmaco che altera un sistema naturale, con effetti positivi (evitare gravidanze indesiderate) ed inevitabili controindicazioni. 

Ciò di cui si ragiona però non è il ritorno al decotto di prezzemolo, ma per quale motivo siano le donne a doversi interamente assumere i rischi collaterali dell’assunzione di un farmaco, come se fosse una faccenda loro esclusiva e privata la fecondità. Non so, prendete la Bayer che aveva presentato la sua pillola Yasmin, un nome dolce e femminile, come la pillola più sicura, leggera e con meno effetti collaterali di quelle delle generazioni precedenti, a cui la Food and Drug Administration dopo aver esaminato più di 835 mila donne ha ordinato di potenziare gli avvisi di rischio di embolia. Bayer che ha dovuto pagare 142 milioni di dollari di risarcimento nel 2012 alle utilizzatrici americane delle sue pillole anticoncezionali Yasmin e Yaz.

E’ un pensiero ingenuo credere che lo stato di subordinazione ed inferiorità in cui venivano e vengono tenute le donne abbia come suo unico teatro d’azione la famiglia e il lavoro, escludendo per esempio il campo della salute. Se una società è ammalata, giusto per rimanere tra metafore pertinenti, è ben difficile che la malattia sociale non coinvolga tutti gli altri ambiti. Medicina inclusa.

Nel migliore dei casi, poi, lo stile medico delle documentazioni si basa su argomentazioni statistiche. Ragiona sui grandi numeri, non sulle piccole percentuali. Tradotto in altra lingua: la grande percentuale di effetti positivi, contro il piccolo, insignificante, prossimo a zero numero di rischi. Basterebbe questo a farci nutrire qualche dubbio se sia il caso di continuare o meno a percorrere una strada, di cui la scienza non può garantire l’assoluta mancanza di rischi per la salute. Non può, perché non sarebbe scienza. La scienza deve aprirsi alla continua possibilità di essere falsificata, l’assoluta certezza non esiste nel suo ambito. 

La pillola invece è una strada considerata non solo la via maestra della contraccezione ma prescritta ormai come una vera e propria autostrada, visto l’uso e l’abuso con cui viene somministrata anche alle donne adolescenti. Sulla contraccezione maschile, nulla invece si sa. Scarsa documentazione, poche ricerche, molte delle quali interrotte al primo, lontanissimo segno di malore da parte dei pazienti. 

Dopo cinquant’anni dall’invenzione della pillola, una strada di progresso ma certamente anche asfaltata da effetti collaterali e morti femminili, ci si aspetterebbe qualche riflessione su un medicinale che inganna il cervello, altera l’ovulazione, blocca la fertilità e per causa di 4/5 giorni al mese di reale rischio di gravidanza costringe le donne a prendere una pillola per venti e trent’anni con notevole profitto da parte delle case farmaceutiche. Sui cui interessi economici e reale obiettività scientifica taccio.




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